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anche oggi, in una realtà sociale, tecnologica ed economica del tutto cambiata, nella quale i connotati di qualsiasi lavoro esigono da parte di tutti più conoscenza critica e maggiori competenze tecniche e, soprattutto, educative ed etico-sociali, quando, in Italia, si parla di «formazione professionale», si perpetua lo stereotipo che la rilega ad un ruolo «minore» e «residuale» rispetto a quello dell’istruzione liceale, dell’istruzione tecnica e dell’istruzione professionale. Questo pregiudizio storico, non permette, fra l’altro:

a) di concentrare l’attenzione sulle significative forme di rinnovamento della formazione professionale che sono intervenute sul piano teorico, pratico e istituzionale negli ultimi decenni;

b) di cogliere le articolazioni e le filiere che si sono a mano a mano venute in essa sviluppando;

c) di considerare la formazione professionale regionale non solo come leva nelle politiche attive di inclusione socio-lavorativa e come mezzo di mobilità e crescita professionale ed individuale, ma anche come occasione per significative maturazioni educative, culturali ed etico-sociali di giovani non orientati agli studi più teorici tipici dei tradizionali percorsi di istruzione, ma non per questo privi di capacità e di eccellenze umane, intellettuali e professionali. (Alcune considerazioni tratte dal Rapporto De Rita)

L’Unione europea considera una priorità per il suo sviluppo il miglioramento qualitativo e il rafforzamento dei sistemi di istruzione e formazione professionale degli Stati membri.

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